Storia di WeRoad, 4° tempo
Le avventure di WeRoad dall'inizio della pandemia ad oggi. Cambiare, adattarsi, prendere posizione e agire. Ovvero tutto quello che ci siamo inventati e abbiamo fatto per sopravvivere.
Ormai è diventata una tradizione.
Scrivo questo post ogni anno per il compleanno di WeRoad. E racconto quel che ci è successo nei 12 mesi precedenti per condividere i nostri step di crescita, in modo da poter condividere l'evoluzione nel tempo del nostro progetto.
For the record qui potete trovare quelli degli anni precedenti: Storia di un bootstrap incredibile, WeRoad, un anno dopo, Storia di WeRoad anno 3.
Poco più di un anno fa WeRoad andava a cannone, avevamo appena aperto con grande successo il mercato spagnolo, stavamo crescendo su tutti i fronti e i ragionamenti che facevo tra me e me erano legati all'evoluzione dell'azienda. Mi chiedevo se saremmo riusciti a diventare una scale-up portando dentro nuove persone, nuove competenze senza perdere il cuore della start-up? Se saremmo riusciti a montare una macchina in grado di gestire più country e volumi di un'altra scala, senza strutturaci/irrigidirci troppo e mantenendo il nostro spirito un po' caciarone da bootstrap che tanto mi piace?
Queste erano appunto le preoccupazioni che avevo, diciamo circa a fine 2019. Perché sul fronte del business di per sé, allora avevamo davanti solo una strada di crescita tumultuosa.
Poi a febbraio 2020 è arrivato quel che è arrivato e quando, esattamente un anno fa, ho scritto la puntata precedente di questa storia, quelle preoccupazioni che per quanto fossero normalissime ora mi sembrano quasi naive, sono state cancellate in un colpo come appunti su una lavagna. In pochi giorni la preoccupazione è passata da come gestire la crescita a come sopravvivere. E mentre scrivevo quel post allora, in cuor mio mi chiedevo: ma l’anno prossimo scriverò ancora della nostra storia? Tra 12 o perfino 6 mesi ci saremo ancora? Il nostro sogno di fare WeRoad finisce qui?
Beh, già solo il fatto che queste righe le sto scrivendo ora, mi fanno pensare a quanto straordinaria sia WeRoad. Ancora più di quel che pensavo. Nel bene e nel male è stato un anno incredibile. Un anno di lotta con le unghie e con i denti per la sopravvivenza. Un anno di iperattività e azione, ovvero l’opposto della stasi, fatalismo e rassegnazione che tante volte ho visto invece in giro. Abbiamo fatto succedere tante di quelle cose che vi giuro, come al solito non riuscirò a ricordarle tutte. Sono dovuto andare a rivedere un po’ di appunti slide e email per ricostruire la quantità di cose che abbiamo fatto.
Andare con ordine come sempre aiuta.
Un anno fa il mio post si chiudeva a crisi appena iniziata.
Si capiva già che i mesi a venire sarebbero stati durissimi ed eravamo già in lockdown. La storia che raccontavo si chiudeva però con una campagna out of home bella bold (molto criticata e al tempo stesso molto apprezzata, sicuramente divisiva) di un ottimismo quasi naive. Si chiudeva con le nostre operations di rimpatrio dei WeRoader in viaggio mentre restavano aperte parecchie valutazioni su come gestire i mesi successivi.
Nel mondo del turismo intanto scoppiava il panico: qualche giorno dopo Brian Chesky di Airbnb avrebbe comunicato il layoff di quasi 2.000 persone. E negli stessi giorni guardavo con le lacrime agli occhi il video messaggio del CEO di Mariott Arne Sorenson (rip) ai dipendenti dell'azienda sparsi per i cinque continenti. Sei minuti di vera leadership in cui il capitano di una nave che aveva passato la grande depressione e la seconda guerra mondiale, si trovava a raccontare l'ora più buia (peggio dell’11 settembre e della crisi del 2009 messe assieme) e tutto il durissimo contingency plan messo in piedi. ll messaggio si concludeva, con Sorenson visibilmente commosso, a spiegare come in 8 anni da CEO, stesse vivendo il momento più difficile di sempre. Perché non c’è niente di peggio di dire al proprio team che i loro posto di lavoro è impattato da eventi completamente fuori dal proprio controllo. Ve lo metto qui sotto perché se non l'avete visto, dovete assolutamente farlo.
In quel momento dicevo a me stesso e al team che la nostra capacità di fare reframing positivo, il poter contare su un team di persone incredibili e soprattutto l'aver costruito community, ci dava l’assoluta convinzione che ce l’avremmo fatta. Non eravamo un'azienda normale, eravamo un vero community business.
E se sono qui a raccontarvi ora il resto della storia direi che quella convinzione non era poi così azzardata.
Però all'epoca avevamo davanti solo due grandi certezze: 1. che il futuro sarebbe stato molto incerto; 2. che ci sarebbero stati solo lacrime, sudore e sangue. Ricordo infatti che in un'occasione, parlando con un amico, dissi qualcosa come: "Beh, vendiamo viaggi a lungo raggio per piccoli gruppi di persone che non si conoscono e che nel viaggio condividono tutto. Le frontiere sono chiuse, c'è il distanziamento sociale, si può al massimo frequentare i congiunti. In pratica abbiamo per le mani il prodotto più impossibile da vendere che si possa immaginare. Che culo." E lui giustamente: "Beh, vedi il lato positivo. Se superate questo momento avete già vinto tutto. Set, match e torneo". Sapevo che aveva ragione. Ma il problema era la durata di quel "momento". Un momento che non è ancora finito.
Ma andiamo a vedere un po' come stata tutta la situa. A partire dai primi giorni.
The hammer & the dance
Uno dei primi articoli usciti sulla gestione della pandemia è stato The Hammer & the Dance di Tomas Pueyo. Long story short, l’articolo teorizzava la necessità di un fortissmo intervento volto a ridurre i contatti sociali (aka lockdown totale senza pietà) per prevenire lo spread del virus. Questo intervento costituiva il “martello” che andava a martellare la curva dei contagi. In assenza di martello la curva era destinata a schizzare. Ma una volta martellata la curva però la situazione non è risolta del tutto. La curva infatti, su livelli più bassi continua ad oscillare, su e giù. Su e giù. è la fase della “dance”. Di conseguenza va gestita. Livelli di Rt da tenere sotto controllo, minor restrictions, accorgimenti come l’uso della mascherina. E molta reattività. Insomma bisogna prepararsi ad un periodo lungo di mare mosso. E prepararsi sia ad agire che a reagire di conseguenza.
La prima cosa che abbiamo fatto come azienda, è stata proprio adottare la metafora del martello e adattarla alla nostra gestione. Il martello è stato velocissimo e impietoso: rimpatrio dei viaggiatori, sospensione viaggi, riduzione al minimo di tutti i costi fissi, caring di tutti gli stakeholder. In pratica una ricetta molto simile a quella raccontata dal CEO di Marriot: tutta l’azienda che va in cassa integrazione preservando solo le funzioni di continuity, CEO con taglio del 50% dello stipendio e prime linee con taglio del 30%, blocco di ogni spesa marketing, rinegoziazione contratti e pagamenti. Insomma una terapia super shock. Risultato: i costi portati al minimo vitale. Ma non bastava. Molti in quel momento ci suggerivano di ibernarci, aspettare che la maretta passasse, e tornare poi a buriana finita. Sarò onesto: anche noi ci abbiamo pensato.Per molto poco. Ma è esattamente il contrario di quello che abbiamo fatto.
Prepararsi alla dance
Decidiamo quindi di non stare fermi ad aspettare (e sperare) che tutto passi e ci facciamo la punta al cervello per capire come uscirne. Perché non basta smettere di far uscire soldi, bisogna anche finanziare quel che resta di una macchina che da un giorno all’altro si è trovata a produrre zero ricavi. Così decidiamo di trasformare il team che avevamo creato ad hoc per la gestione della fase iniziale di crisi (CMT, Crisis Management Team) in un team dedicato a sviluppare nuove idee e progetti molto concreti per generare revenue e cashflow nel più rapido tempo possibile. Nasce così quello è il GMT (Growth Management Team) e iniziamo subito a dare vita ad un po' di idee. Alcune potevano sembrare folli.
La retention è stata fin da subito una nostra preoccupazione, per cui richiamare dalla cassa integrazione il più possibile le persone era una priorità. Quindi una delle prime cose che fatte è stata l'attivazione di tutti i nostri contatti per cercare quelle aziende che, non colpite (o addirittura agevolate) dalla crisi, potessero avere bisogno di un extra aiuto. E così abbiamo fatto. Nel giro di poco tempo abbiamo "prestato" come consulenti alcuni nostri team member. Poi abbiamo affinato la cosa: ci siamo resi conto che negli anni avevamo sviluppato competenze di valore che potevano essere utili anche per altri. Operations, People&Culture Management, Marketing. E quindi abbiamo iniziato a fare da consulenti per attività di business building e growth ad altre realtà. E qui devo ringraziare tutte le aziende che hanno creduto in noi e nel nostro team fin da subito. Ma devo anche dire che senza l'aiuto di OneDay, la nostra holding / mother company, delle altre realtà del gruppo, senza la profusione di sforzi di Mattia, CEO di OneDay e del networking a tutti i livelli di Paolo (che scrive senza pudore su LinkedIn: "se avete bisogno di aiuto, noi abbiamo un sacco di talenti in cassa integrazione che vogliamo riportare al lavoro") non ci saremmo riusciti.
"E il core business? E i viaggi? E WeRoad?" vi starete forse chiedendo. No, non ce li siamo dimenticati, semplicemente abbiamo iniziato da quelle attività che ci potevano permettere di generare cassa da subito. Poi siamo passati a buttare fuori idee a raffica per WeRoad a il mondo viaggi. Vi racconto solo quelle più significative, sia quelle che hanno funzionato che quelle che si sono schiantate miseramente. Anzi, partiamo da un epic fail. Il nostro tentativo di fare una campagna di crowdfunding su Indiegogo. Io ero esaltatissimo, mi sembrava l'idea del secolo, in grado di generare un sacco di adesioni in pochissimo tempo. In realtà col senno di poi devo dire che abbiamo sbagliato diverse cose come ad esempio non avere chiaro se l'obiettivo fosse di reale crowfunding o di PR/sensibilizzazione. Ma soprattutto il non averci creduto abbastanza. Risultato: 0,1% del goal raccolto. Shame on us. Però questa campagna di crowfunding la ricorderò sempre con grande affetto per la profusione di sforzi a cui ho costretto il team che ha lavorato sul progetto, le mille stesure dello script e l'impegno di Erika nel metterci la faccia e raccontare la nostra storia. Il modo in cui Erika racconta WeRoad, resta uno dei pezzi più belli per capire chi siamo davvero. Ve la metto qui sotto:
Ma ad un'iniziativa fallimentare ne fa da contraltare un'altra che invece è stata un super successo: il lancio delle Gift Card WeRoad. Vedete, quello delle Gift Card, era il classico progetto che hai nel cassetto da un sacco di tempo e non riesci mai a trovare il momento per realizzarlo. Ed ecco che il momento -seppur forzosamente- era arrivato: pieno lockdown, persone erano chiuse in casa e fila ai supermercati. Le vendite di viaggi stavano ovviamente a zero. La situazione di incertezza su quando si sarebbe potuti tornare a viaggiare rendevano vana qualsiasi attività volta alla vendita di viaggi. Lanciare un nuovo prodotto WeRoad poteva sembrare un'idea folle. Ma ovviamente molto dipende sempre dal framing che se ne fa. Abbiamo presentato le Gift Card come un nuovo prodotto che soddisfa il bisogno futuro di viaggiare, ad un prezzo conveniente. In un paio di giorni abbiamo costruito e lanciato (senza un euro investito in pubblicità) le gift card WeRoad. Risultato: mezzo milione di ricavi nelle prime 48 ore. WTF??? Io ancora non ci credo. Eppure. Momento più bello: il go live dell'ecommerce alle 22 di un venerdì sera in call con Ric, Lorenzo e Teo. E poi le notifiche di acquisto che arrivavano a raffica mentre noi avevamo le birette del go live ancora fresche. E i nostri WeRoader felicissimi!
Abbiamo lanciato il nostro e-commerce del merchandising. Poca roba in termini di revenues ma un progetto sempre rimandato che ha visto la luce, non solo con una linea brand e una linea viaggi, ma anche con una serie di artwork che giocavano ironicamente sulla situazione di confinamento in casa. La nostra illustratrice Leila si è potuta sbizzarrire ma devo dire che la mia t-shirt preferita resta sempre Where the f*** is the farina, assieme a Letto&Frigo&Divano&Bagno.
Tra un'idea e un nuovo progetto, senza nemmeno rendercene conto arriva velocemente fine marzo. Il 30 marzo per l’esattezza. Qualcuno mi dice: “Ehi, cosa facciamo per il Pesce d’aprile?". Sì, perché WeRoad ha una tradizione di pesce d’aprile ben riusciti alle spalle. A questa domanda però io penso immediatamente “Pesce d'aprile? Io quest’anno non c’ho proprio caz** per pensare al pesce d’aprile”. In realtà due secondi dopo mi trovo a pensare che no, cavolo, dobbiamo farlo. Anche quest’anno. Soprattutto quest’anno. E son so come mi sia venuto in mente ma lampadina delle idee si accesa improvvisamente. è il 31 marzo mattina, la racconto al team marketing e sono tutti presi bene. In una giornata mettiamo su la cosa: copy, grafiche e tutto l'ambaradan. Nascono i Viaggi in scatola: delle box per comporti il tuo pezzo di viaggio direttamente a casa tua. La facciamo in tre versioni. Beach, Desert e Trekking. Tanto per darvi un’idea, nella versione Beach c’erano un sacchetto di sabbia, una piscinetta gonfiabile, una maschera da sub, e un pacchetto di sale per salare l’acqua.
La spingiamo come se fosse un prodotto vero. La gente ci casca :)
Anzi ci rimane pure un po’ male quando scopre che non è vera e ci chiede pure se la faremo sul serio. Spoiler: ci abbiamo pensato ma poi abbiamo lasciato perdere. Ma intanto ci divertiamo. Qualche mese dopo lo fa pure Ikea.
Nel mentre, laffuori nel mondo reale, iniziava ad essere chiaro che di viaggi a lungo raggio non se ne sarebbe vista neanche l’ombra per i mesi successivi.
WeRoad nasce per viaggiare a lungo raggio. Avevamo all’epoca poco più di un centinaio di destinazioni in tutto il mondo e solo tre o quattro destinazioni in Italia. Iniziamo a parlare di Italia, lanciamo un progetto che si chiama Destinazione Italia in cui invitiamo WeRoaders e operatori locali a segnalarci perle nascoste del nostro Paese. E iniziamo a riconvertire tutta la nostra offerta di viaggi dal lungo raggio alla Penisola. A tempo di record costruiamo una nuova offerta rilasciando ogni settimana 4 o 5 nuovi itinerari. Prima dell'estate abbiamo oltre 50 destinazioni nel nostro Paese. Un lavoro disumano: stravolgere un’offerta costruita e già ottimizzata. Eppure il team di prodotto è riuscito a fare questo miracolo. E poi nuovi format. Ogni giorno che ci usciva una nuova idea, eccoci pronti a scaricarla a terra. Sono nati gli itinerari Express, le vacanze più stanziali in villa, gli itinerari in barca nel Mediterraneo, i nuovi OffRoad. Arriviamo a maggio e mi rendo conto che in due mesi abbiamo in homepage 5 prodotti che fino ai due mesi precedenti non esistevano.
Persone
Come potrete immaginare tutto questo è stato un lavoro enorme.
Una fatica al cubo.
Perché a differenza di quanto succedeva nel mondo normale in cui effort e stress sono controbilanciati dall’entusiasmo e dalla motivazione che nasce dai risultati e dal vedere il frutto del proprio lavoro, in questa mesi invece è stato solo lavoro e basta. Perché di prenotazioni, manco l’ombra. Ed è così che sono iniziati i dubbi nel team. La fatica, l’oppressione dello smart working, l'incertezza continua. Alcune persone hanno iniziato a vacillare. Perché non si vedeva la luce in fondo al tunnel. Perché non si capiva se i viaggi sarebbero ripartiti. Perché non si sapeva se, rimanendo con noi, un lavoro ce l'avrebbero avuto o meno nel giro di qualche mese.
Iniziamo così a perdere persone. E quando succede, lo sapete benissimo, come in tutte le aziende, succede con un stillicidio continuo. Inizia uno, poi un altro e un altro ancora. è durissima. Abbiamo perso persone a cui ero davvero legato. Abbiamo perso persone che spero sceglieranno di tornare quando tutto questo sarà passato. E sento di volere un bene infinito a chi ha deciso di restare. Perché davvero non c’era nient'altro che lacrime sudore e sangue. Vi metto un'immagine su tutte a rappresentare il team in prima linea: Marika WeRoad del customer care e questo joke interno:
Ma in tutto questo ci sono anche i colleghi che non sono mai arrivati perché scoppiata la pandemia. Ci sono i neo coordinatori che avevano superato da poco tutto il nostro lungo processo di selezione e già aspettavano una primavera e un’estate in giro per il mondo, magari sul lago Titicaca o sul monte Bromo e che forse -ma solo forse- dovranno accontentarsi di un viaggio in un'altra regione.
E ci sono anche i colleghi entrati in azienda poco prima della pandemia. Un sacco di entusiasmo e attese e invece ti aspetta la cassa integrazione, il non poter conoscere tutti i colleghi e parlare solo con quelli più stretti del proprio team. Senza birretta condivise, senza poter capire come gira tutta l'azienda, con un senso di straniamento per tutto questo. C’è perfino chi l’ha fatto consapevolmente come Alessandro che ha lasciato il suo lavoro in consulenza ed entrato come partner oltre che come team member e che, thanks god, è carico a molla, a dispetto della situazione.
Poi ci sono i nostri colleghi in Spagna. Entrati nel team a fine estate 2019, subito a mille giri per lanciare la Spagna e che in un paio di mesi avevano già realizzato i primi AperiRoad (WeBares), le prime group interview per il reclutamento dei coordinatori e fatto partire i primi i viaggi capodanno. Poi improvvisamente tutto fermo, e all'entusiasmo della partenza, chiusi nei loro appartamenti, si sostituisce il fardello della gestione delle richieste di rimborso e il malcontento di chi non può più partire. E per quanto possiamo averli supportati ed essere stato loro vicini si sono trovati ad affrontare una situazione durissima. Inigo, Julia e Diletta, eroi.
Come si fa a tenere assieme tutto questo?
Non ho una risposta. Vi dico solo che è stato difficile. Durissimo.
Ma mi viene una risposta sola: con i legami tra le persone. Con il senso di appartenenza. Con lo stare vicino alle community: quella dei coordinatori, quella dei WeRoaders e noi stessi come team. Ripeterò fino allo sfinimento che il nostro business è un business fatto di persone. Saremmo niente senza le persone, sia quelle che fanno WeRoad sia quelle che in viaggio ci vanno. E per tenere ingaggiate tutte queste persone la scelta che abbiamo fatto (ma in realtà direi che ci siamo manco mai posti la domanda) è stata quella del racconto e della trasparenza. Abbiamo sempre raccontato tutto quello che ci succedeva: lo abbiamo raccontato al nostro team, ai nostri clienti e ai nostri investitori. Non abbiamo mai smesso, neanche per un attimo. Sui nostri canali social le stories e i post sono passati dai viaggi in giro per il mondo ai viaggi in giro per i nostri appartamenti. I coordinatori sono diventati entertainer, coach, maestri. Abbiamo fatto lezione di yoga e di cucina. E perfino di excel. Ci siamo inventati viaggi al centro dei nostro appartamenti e abbiamo ricordato quanto ci mancava viaggiare. Contemporaneamente abbiamo raccontato in maniera trasparente tutto quello che stavamo vivendo. Come azienda, come persone, come team e come viaggiatori.
Abbiamo scritto due volte una lettera aperta a tutti i WeRoader. Qui sotto vi faccio vedere quella scritta col cuore assieme ad Erika, Paolo e a Chiara, la nostra copywriter, in cui raccontiamo tutta la nostra avventura, i nostri sforzi, le nostre difficoltà (sia come azienda che come persone) spiegando le ragioni delle nostre scelte. E la nostra voglia di viaggiare. Vi giuro che mentre la rileggevamo con Chiara, mi sono commosso. La potete trovare qui.
I commenti e le risposte via mail che ci sono arrivati sono state la ricompensa più bella che potessimo ricevere e -vi giuro non è retorica- è davvero quello che ci fa amare il nostro lavoro e la nostra community.
Ripartenza + The Dance
Mentre accade tutto questo, le vendite non ripartono. Ci abituiamo a guardare una dashboard di vendite sempre a ZERO, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. A tratti non la apriamo nemmeno più perché abbiamo paura di confrontarci con la realtà di quello ZERO. Credo che chi lavora in business direttamente impattati dal Covid possa capire molto bene questa immagine.
Poi ecco che quando la situazione -almeno in Italia- torna ad essere più in controllo, tutto il lavoro, tutti i sacrifici danno i loro frutti.
Ad un certo punto, il 10 di giugno, come per miracolo tornano le prenotazioni.
Così, de’ botto, senza senso (cit.).
Invece un senso ce l’ha eccome. Si sente l'emozione del post lockdown nelle persone. E noi ci rendiamo conto che l'essere stati rilevanti per tutti questi mesi in cui avremmo dovuto invece ibernarci, inizia a pagare.
Le prenotazioni tornano e iniziano a crescere, crescono ogni giorno, e quella linea piatta degli ultimi ultimi 4 mesi inizia a tornare una curva, in salita ripida. Festeggiamo su Discord ad ogni prenotazione, come ai primi tempi, come quando eravamo davvero una startup e conoscevamo WeRoader per WeRoader. Perché ogni nuova prenotazione è oro. E non è un festeggiamento del management o del team sales, ma di tutti i team. è davvero una gioia collettiva. Luglio 2020 è il nostro mese record di sempre per numero di prenotazioni. Tutti gli sforzi dei mesi precedenti vengono ripagati, anche se ovviamente assieme alle prenotazioni ricomincia il lavoro durissimo della gestione delle operations per una stagione estiva che diventa tutta last minute, tutta sull’Italia, tutti con turni “pionieri” (ovvero itinerari mai fatti prima).
I nostri bestseller che erano Indonesia e Sudamerica, diventano la Sicilia e la Sardegna. Il Mediterraneo si riempie di flottiglie che battono bandiera WeRoad (che guarda a caso è un bandiera pirata, come un po’ piace essere a noi).
Qualche problema ce l’abbiamo. Qualche WeRoader resta scontento. Ma se guardiamo alla big picture è un successo. Il nostro voto di gradimento medio dei viaggi rimane pressoché invariato sui coordinatori (9/10) e perde solo qualche punto per i viaggi, restando comunque a 8,7/10. Considerando che qualità del viaggio uno dei nostri KPI chiave sento che possiamo anche darci una pacca sulla spalla.
Insomma passa un’estate a tuono. In tutti i sensi. La mail di Erika al team racconta molto bene la cosa:
Sembra che ne siamo quasi usciti. Il team è provato ma felice.
Poi arriva settembre. Le prenotazioni crollano di nuovo. A Ottobre è calma piatta. Il deserto dei tartari. Si parla di seconda ondata. La cassa integrazione per quanto ridotta e buona parte del team reintegrato va avanti. L’incertezza torna a dominare come prima. Anzi forse di più, col nuovo giochino di strega comanda colori.
E allora, in pura dance, continuiamo a ballare.
?The wave makers
Proviamo a inventarci ancora nuovi prodotti: le ville smart working. Ma per quanto ci sia quel need stavolta non siamo bravi a intercettarlo nel modo migliore. Proviamo con lo sci in Polonia. Proviamo con altre formule di viaggio. A questo punto però -e siamo ormai in inverno- la sfida vera non sta più nell'inventarsi prodotti, quanto piuttosto nel capire se, come e dove si può viaggiare.
Perché ci mettiamo in testa che vogliamo fare viaggiare le persone laddove si possa. Nei pertugi dei confini aperti e chiusi e secondo quello che permette il DPCM. Si parla in continuazione di corridoi turistici e passporti vaccinali, ma nella realtà non se ne vedono. Allora ti devi arrangiare. Devi stare attaccato a Viaggiare Sicuri, il sito della Farnesina che dà informazioni ai viaggiatori sugli spostamenti internazionali, devi studiarti ogni DPCM, devi garantire ai clienti la riprotezione, devi iniziare a far entrare il tampone nel mindset del nuovo modo di viaggiare. Dobbiamo aiutare le persone che vogliono viaggiare e metterle in condizioni di poterlo fare. Allora ecco che diamo una promo tampone per farsi il tampone come viaggiatore. Allora ecco che garantiamo la riprotezione in caso il viaggio non potesse partire per disposizioni di legge o perché magari il cliente ha contratto il virus. Allora ecco ancora che ti diciamo dove si può viaggiare. Insomma ci diamo da fare per rendere possibile di nuovo il viaggiare.
Ma tutto questo non basta. Di prenotazioni continuano a non essercene e la gente continua a non viaggiare.
è lì il momento in cui forse scavalliamo del tutto. E come sempre queste intuizioni arrivano da Paolo. Che vuole mandare un segnale. Un segnale di positività ma anche un segnale che come sempre si può fare.
Prendere una posizione sul fatto che si possa (e si debba) viaggiare.
Prendersi gli insulti di chi non la pensa così.
Uscire con comunicazioni bold per attirare l’attenzione sul tema. Insomma fare lobbying sul tema dei corridoio turistici. Ma non è tanto un'attività di lobbying verso le istituzioni (la speranza è poca) quanto piuttosto verso l'opinione pubblica in generale e chi è in astinenza da viaggi nello specifico.
Ecco che nascano le campagne come "Non sappiamo più dove mandarvi" e i Viaggi incredibili. Solo queste varrebbero una storia a parte, vi metto giusto qui sotto un paio di immagini.
Ma anche questo non basta e ancora una volta, Paolo spinge, ci spinge. Si mette in testa che entro gennaio (siamo a fine novembre) dei turni devono partire. Concentriamo i nostri sforzi sul far partire, simbolicamente, dei turni per Canarie e Lapponia svedese, due Paesi nei quali, per la combinazione dell’apertura lato Paesi riceventi e le possibilità offerte dal DCPM (ovvero che ci si può muovere per andare in aeroporto), si può viaggiare.
E, believe it or not, ai primi di febbraio i turni partono. Ancora una volta quello che sembrava follia diventa realtà. A febbraio parte il primo turno per Fuerteventura, poi altri. Poi la Lapponia. Guardate le stories di WeRoad su Instagram, le trovate anche in questi giorni. C’è gente che, tamponata e in mascherina, se ne sta alle Canarie a fare surf o al circolo polare artico a vedere l’aurora boreale su una slitta trainata da cani. Con WeRoad.
Potrete dare a queste persone degli egoisti o dei pazzi. Potrete direi di noi che siamo degli irresponsabili che pensiamo solo al nostro tornaconto.
In realtà siamo fieri di questa posizione perché pensiamo, senza se e senza ma, che le conseguenze sociali, economiche e psicologiche di questa situazione siano peggiori di quelle dell’emergenza sanitaria.
E in realtà c’è un fiume che scorre sotterraneo e la pensa come noi. Ci sono persone che viaggiano e che vogliono viaggiare. Tornano a casa e ci scrivono recensioni come ai tempo d'oro.
DOVE Viaggi che come noi da qualche mese ha ripreso a parlare senza più timidezze del tornare a viaggiare, ha fatto un pezzo approfondito sullo smartworking di WeRoad alle Canarie.
Sulla stampa di settore si parla, con troppa timidezza e troppa impotente speranza di corridoi turistici, ma non succede niente. Sono tutti fatalisti in attesa di una ripresa. Intanto da due mesi noi abbiamo ripreso a viaggiare. E ora, altri tour operator, seppur più lentamente, hanno seguito la nostra stessa strada. Alpitour ad esempio ha iniziato a promuovere le Canarie e ha programmato le sue prime partenze per il 27 marzo. Altri seguiranno. Nel rispetto delle regole di sicurezza e secondo quello che le norme consentiranno.
Ci siamo però resi conto di essere davvero i capofila di un nuovo modo di fare travel. Esponendoci in Comunicazione, prendendo posizione, rivendicando il diritto di poter viaggiare se si rispettano disposizioni di legge. E qualche volta essendo provocatori e iperbolici.
Se la nostra Vision è Connecting Cultures, People and stories, la nostra Mission è Design and deliver experiences worth living and sharing, rewriting the rules of the travel industry, every f*cking step of the way. Ecco, quel "rewriting the rules of the travel industry" lo stiamo davvero facendo.
è per quello che in questi giorni, inizialmente informalmente, ci stiamo sentendo davvero dei wave makers. E la WeRoad che ne esce dopo questi mesi, la WeRoad che ha lottato con le unghie e con i denti per la propria sopravvivenza, è davvero una wave maker.
L'epilogo inatteso: Project Albion
Ovvero "WeRoad UK" e com'è che abbiamo deciso di lanciare un nuovo mercato in mezzo a tutto 'sto casino
Com'è quella banalità che si dice sempre? Che ogni crisi si porta dietro anche delle opportunità. Beh l'epilogo della storia di quest'anno direi che è al conferma di questo adagio pur molto abusato in questo 2020. Pariamo da un dato di fatto: il Regno Unito non era una country in cui avevamo in mente di entrare come mercato nei prossimi anni. E il motivo è molto semplice: il mercato inglese (e anglofono in generale) è molto difficile. E già affollato. Non solo era il dominio di due big player globali Contiki e G-Adventures. Ma soprattutto era presidiato da un player di nuova generazione, molto simile a WeRoad, che abbiamo sempre guardato con ammirazione: Flashpack. Una startup, molto bravi a raccontarsi, con un ottimo approccio digital. Anche se loro avevano iniziato un po' prima di noi, le nostre storie correvano abbastanza parallele in termini di dimensione, crescita e tipologia di viaggi. C'era qualche differenza a livello di target (FlashPack si concentrava su un target 30s and 40s, noi più sui 25-35) e una grande differenza sul modello degli accompagnatori: FlashPack con guide turistiche locali, WeRoad con la community dei coordinatori come compagni di viaggio. Insomma tra i due big e l'emergente FlashPack, di spazio in UK non è che proprio se ne vedesse molto.
Succede però che il 17 novembre 2020 i founder di FlashPack comunicano su Instagram e sul loro sito che l'azienda non ha retto l'impatto del Covid. Che sono stati costretti a mettere in amministrazione la compagnia. Che spengono tutte le operations nella speranza di poter tornare nel 2021 a pandemia passata. E che ipotecano la casa per ricomprare gli asset di FlashPack. Non è chiaro cosa succeda ai rimborsi dei clienti.
Personalmente mi spiace davvero perché, almeno fino a quel momento, stavano facendo un bel lavoro.
Però si apre un'opportunità.
Ricordo ancora la concitazione dei primi momenti dopo aver appreso la notizia: il tentativo di capire se si poteva fare qualcosa assieme, l'entusiasmo per l'opportunità, l'eccitazione per la possibilità di aprirci al mercato anglofono e di andare a competere su un campo e una scala completamente diversi (sia FP, che Contiki che G-Adventures lavorano infatti su tutti i mercati di lingua inglese). Telepatia pura con Paolo, Erika ed Ale: non c'è nemmeno stato bisogno di discuterne tra di noi. WeRoad in UK è diventata una realtà nel momento stesso in cui abbiamo letto la notizia di FlashPack. E quando abbiamo comunicato cosa era successo oltremanica a quella start-up che guardavamo con tanta attenzione e rispetto, il team ha capito immediatamente che su quel mercato ci saremmo andati noi. Così i piani di espansione internazionale che avevamo bloccato mesi prima, si riattivano ma completamente stravolti. Parte una squadra di lavoro dedicata e guidata da Erika che sarà anche la Country Manager UK in fase di start-up. A gennaio 2021 apriamo i social e iniziamo a cercare le persone per la gestione community: i focus group e le interview che facciamo ci confermano che il brand il prodotto hanno grip e potenziale. A febbraio mettiamo su una landing page teaser e l'11 marzo 2021 andiamo online con il sito www.weroad.co.uk caratterizzato da un'offerta molto spinta sul Mediterraneo per l'estate 2021. Quello che abbiamo imparato l'estate scorsa sui viaggi in Italia e nel Mediterraneo, diventa oro in questo momento. Abbiamo le operations super preparate per gestire viaggiatori incoming in Italia e Spagna e in tutto il Mediterraneo. Con un pizzico di fortuna per noi (dai che ci vuole) il Regno Unito diventa il caso numero al mondo per la rapidità delle vaccinazioni e per la riapertura ai viaggi. Forse il timing è proprio quello giusto.
Cosa non vi ho raccontato
In ordine sparso: i WeRoad Monkeys che hanno recuperato tutto il debito tecnico accumulato negli anni e hanno terminato di sviluppare la nostra piattaforma di sourcing & contracting Buynana; il programma di Content Creators avviato tra i coordinatori che producono contenuti sul nostro Instragram; il nostro Instagram stesso che è stato incoronato da Socialbakers come l'account numero 1 di un brand travel al mondo; il fatto che abbiamo iniziato a sviluppare brand solutions per diverse aziende; la campagna 1000 volte grazie a favore del personale medico e sanitario; l'Ambassador Commitee realizzato a Fuerteventura con i rappresentati di coordinatori spagnoli e italiani; diverse tesi di laurea scritte su di noi; il lancio dei nuovi viaggi Collection. E molto altro ancora.
Per finire
So che anche stavolta l'ho tirata lunga. Ma so anche che tra le cose che ho dimenticato e quelle che sono andato a cancellare per asciugare un po', quello che vi ho raccontato è solo una frazione di quello che ci è successo e che abbiamo fatto accadere quest'anno. Purtroppo in queste righe non emergerà mai abbastanza la fatica, la dedizione, l'impegno, la sofferenza di tutti noi del team che abbiamo lavorato contro una serie di Golia imprevedibili e incontrollabili (la pandemia, le regole dei vari stati, i DCPM a interruttore) sempre pronti a reagire e ad alzarci. Qui il livello retorica è altissimo me ne rendo conto. Ma vi assicuro non tanto quanto gli sforzi che ogni singola persona del nostro team ha profuso in questi mesi.
Ovviamente non ne siamo ancora usciti.
E per sapere come andrà a finire, ci sentiamo tra un anno.
Keep in touch.
Performance Marketing Manager | Running Facebook & TikTok Ads to the moon ??
3 年Due anni fa con lo stesso articolo recappone conoscevo WeRoad! Nonostante questa volta abbia vissuto tutto dall'interno (o quasi), l'ho comunque letto tutto d'un fiato! <3
Group Brand Director | Public Speaker | Guest Lecturer
3 年Complimenti caro Fabio Bin Avanti tutta ??
Digital Marketing Strategist @ Ergonauth
3 年Bellissimo pezzo ??????
COO@Unipiazza ??? Gamifying Customer Loyalty for Local Businesses
3 年Eroi! grande Fabio leggerti è sempre un piacere e bravi tutti. Resistete <3
CEO@Unipiazza ?? Gamifying Customer Loyalty for Local Businesses
3 年As always ispirazione a gogo ? Grazie come sempre per ricordare a tutti quanto la passione, la tenacia e (soprattutto) il duro lavoro possano fare la differenza in ogni campo ??