Perché (saper) parlare serenamente delle proprie mancanze cambia tutto

Perché (saper) parlare serenamente delle proprie mancanze cambia tutto

Se il leader - a qualsiasi titolo - è una persona sensibile ed intelligente, capisce da solo che proporsi come una sorta di semidio con le risposte sempre giuste è una strategia che gli si rivolterà contro. E' un modello ormai passato a cui nessuno crede più... Esiste un'alternativa, ma va usata sapientemente.

In un mondo ormai diventato schiavo dell'immagine, come ci si pone e presenta assume un'importanza molto più incisiva rispetto ad una volta.

Superficialità? Sebbene possa sembrare così, in realtà è proprio il contrario.

Come ho avuto più volte modo di spiegare in tante altre occasioni, la nostra realtà non è monolitica, bensì costruita su più "strati" e fino a non molto tempo fa si era rimasti fermi al primo di questi strati, quello fisico/materiale, quello più "concreto", dove quindi emergeva colui/lei (leader) che era capace di gestire e di amministrare determinate situazioni, con capacità, caparbietà ed efficienza.

Non che questo sia cambiato, ma si è "aggiunto" qualcos'altro.

Non basta più essere considerati bravi e capaci nel ruolo che si ricopre per essere approvati: oggi è sempre più importante mostrare anche COME s'interpreta quel ruolo e questo perché da qualche tempo abbiamo iniziato ad accedere allo "strato" (livello, piano, dimensione, ecc.) successivo, che è quello emotivo/relazionale, dove OLTRE a quanto fatto finora, si è manifestata la necessità di stabilire un "legame" emotivo, appunto, tra persone.


Una leadership da lasciarsi alle spalle

Questo lo si vede già da qualche tempo nel rapporto tra coniugi o tra genitori e figli. Una volta si considerava bravo un marito, ovvero brava una moglie, colui o colei che svolgeva quel ruolo in funzione di come lo società lo aveva predefinito... e nessuno si lamentava: così doveva essere! Vecchio stampo, si direbbe oggi... Tuttavia, non che non ci fosse altro in quel rapporto che pur funzionava, ma alla fine raramente si riusciva a stabilire un legame emozionale forte fra le parti, al punto da non arrivare mai a conoscersi veramente.

Gli uomini erano (e ancora molti, troppi, lo sono tutt'ora) certamente più cristallizzati nel loro ruolo e se oggi le cose sono cambiate è certamente grazie alle donne che hanno cominciato a pretendere giustamente di più da un rapporto.

Lo stesso si può dire del rapporto tra genitori e figli. Sebbene, ad esempio, l'amore di un padre per un figlio fosse fortissimo, per una qualche strana forma di pudore era costume non dimostrarlo più di tanto, andando ad incidere su molti ragazzi che sentivano "lontano" il genitore e fermo restando il sincero rispetto che questi provavano nei suoi confronti, non ne hanno mai sentito davvero la vicinanza.

Praticamente tutte le tipologie di rapporto, comprese quelle sul lavoro, nei confronti dell'autorità o altro, erano caratterizzate da una relazione debole - se non perfino del tutto assente - e quasi totalmente focalizzate su un ruolo da "recitare" inconsapevolmente.        

Quanto triste può essere questo?

Oggi si assiste ad un apparente capovolgimento della situazione, dove la relazione assume un'importanza tale da offuscare quasi completamente lo "status quo" precedente che, come dicevo, non va eliminato, bensì integrato con il livello relazionale. Laddove venga a mancare questa integrazione ed i due "strati" sono isolati fra loro, quello che emerge è la "superficialità" a cui accennavo prima, dove il bello, il fico, il "wow", il nuovo ad ogni costo, la spaccatura fine a se stessa col vecchio eclissano lo strato inferiore, che è ciò che dà solidità e concretezza al sistema.


La forza delle debolezze!

Per come stanno le cose oggi, non c'è alcuna possibilità che questi due strati - materiale e relazionale - si integrino... spontaneamente, almeno. Affinché ciò possa avvenire occorre accedere allo strato superiore, quello mentale/sistemico, dove si riconoscono le dinamiche che regolano i sistemi e si va a lavorare con tali dinamiche per allineare i diversi strati affinché lavorino in modo integrato, appunto. Questa sarà sempre di più la capacità/competenza che un leader dovrà sviluppare nel mondo in cui abbiamo già iniziato ad entrare.

Quando si opera unicamente al primo livello, come ancora accade molto, troppo spesso, si giudicano le nostre vulnerabilità e mancanze come inaccettabili ed è per questo che si tenderà a nasconderle o a mascherarle... ma non è certo il modo più sostenibile per proporci agli altri.

D'altro canto, limitarci a "vendere" un'immagine edulcorata di noi per renderci più emotivamente impattanti ed attrattivi agli occhi di coloro coi quali interagiamo ci rende più fragili poiché non c'è una struttura sottostante che tenga in piedi il palco.

La Trasparenza non è soltanto una qualità od un comportamento desiderabile, ma è anche una legge della natura ed è il motivo per cui nessuno può sentirsi a suo agio con chi non si manifesta per ciò che è veramente e questo, soprattutto per la leadership è un punto cruciale, poiché è su questo che un leader trasmette fiducia e credibilità.        

La sicurezza è uno stato emozionale a cui nessuno rinuncia, dal più debole al più forte, ed un leader deve sapere come esporsi agli altri, con le sue forze e le sue debolezze, con le sue certezze ed i suoi dubbi, coi suoi sogni e le sue delusioni, ma senza far venir meno il senso di sicurezza negli altri. Sembra una missione quasi impossibile, ma non lo è se si riesce a mostrarci agli altri per chi si è veramente sentendoci a proprio agio nel farlo e non importa se chi ci troviamo davanti sono i nostri collaboratori, il nostro partner di vita, i nostri figli o altro.


L'integrazione delle debolezze che diventa forza

E' evidente che se dentro di noi siamo "spaccati" in due, dove da una parte ci si sente costretti dal nostro ruolo e dalle aspettative che tale ruolo crea negli altri; e dall'altra cerchiamo in ogni modo di entrare in una relazione con gli altri basata su una falsa immagine di noi, verrà meno la Trasparenza e le persone si sentiranno insicure e tradite.

Inutile cercare di nascondere o minimizzare la spaccatura in noi: è solo una questione di tempo prima che le persone se ne accorgano. E' di gran lunga preferibile rapportarsi con gli altri CON le nostre mancanze e debolezze in modo naturale e sereno, parlandone apertamente.

Può sembrare strano, ma per gli altri, sapere di avere a che fare con un essere umano, pur con tutte le sue vulnerabilità, è sorprendentemente rassicurante perché questo li fa sentire più a loro agio nel rapportarsi con noi.

Sapranno "perdonare" qualsiasi mancanza del loro leader, ma difficilmente riusciranno a perdonargli il "tradimento" di porsi al di sopra di loro, soprattutto quando si tratta di perseguire obiettivi che non li facciano sentire coinvolti.


Conclusione

Sentrirsi vulnerabili a causa di certe mancanze proprie non soltanto non è una tragedia, ma è una benedizione perché significa sentire di avere bisogno degli altri!

Per qualche insondabile (...poi neanche tanto insondabile, alla fine) motivo, invece, il tipico leader tende a gonfiare il petto per trasmettere il messaggio di avere tutto sotto controllo, colpa soprattutto di una letteratura sulla leadership che si è sviluppata nel tempo e che propone un'immagine inarrivabile di leader... e comunque falsa e fuorviante.

E per sentirsi all'altezza di tale immagine, questi leader finiscono per apparire non soltanto più falsi, ma perfino più insicuri.

La leadership non ha a che vedere con il raggiungimento di un modello ideale e per questo irraggiungibile, ma con il manifestare chi si è veramente, con forze e debolezze, con certezze e vulnerabilità.

Siamo tutti, indistintamente, work-in-progress, tutti su uno stesso, identico percorso evolutivo dove ogni tanto QUALCUNO prende la decisione di andare oltre e di coinvolgere altri nel processo, contribuendo così al miglioramento collettivo, perfino oltre la propria sfera d'influenza.

Per come la vedo io, questa è l'essenza della leadership.


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