My "interview" with President of Italy Sergio Mattarella

My "interview" with President of Italy Sergio Mattarella

Perché significava tanto per me incontrarlo?

Hai presente quando ti svegli di buon umore, o di pessimo, e non sai perché? ?In realtà c’è sempre un motivo, o meglio, più di uno e tutti influiscono al referto della giornata: “Il sole splende, il cielo è sereno e gli uccellini cantano… “. Oppure: “Il sole oggi è M.I.A, il cielo è grigio topo, e vogliamo zittire queste sirene?”. Vero è che ci si può svegliare in un modo e poi qualcos’altro di imprevisto succede, cambiando tutto. Ma, nella maggioranza dei casi, i nostri stati d’animo e i nostri desideri dipendono da qualcosa di già sedimentato, da poco o da molto.

Il Palazzo del Quirinale per me, inteso come palazzo fisico che si erge sull’omonimo colle a Roma, ha sempre significato “casa”, o almeno “casa” di una persona a me molto cara, la più cara di tutte. Ogni giorno ci andava a lavorare, (e spesso ci dormiva pure), e il suo lavoro consisteva nel permettere ad un’altra persona di lavorarci meglio, proteggendo la sua incolumità fisica e l’esercizio delle sue funzioni. Questo qualcun altro cambiava ogni sette anni, ma la sostanza rimaneva invariata: nelle loro diverse mansioni, entrambi amavano profondamente il significato che quel palazzo recava in sé: la difesa della Repubblica italiana e delle istituzioni democratiche in genere. Uno dei due, quello che aveva scelto la carriera militare venne a mancare nell’esercizio delle sue funzioni quando l’altro, che invece aveva scelto la carriera politica, si chiamava Francesco Cossiga. Da allora, nella figlia del primo, quel senso di rispetto per la Presidenza della Repubblica e per il suo titolare, invece che affievolirsi, aumentò esponenzialmente, ingigantito dal fatto che da 18 anni guarda a quel palazzo, (seppur dalla finestra privilegiatissima di New York), con gli occhi di una expat.

Che avrei voluto dirgli se non fosse stato cancellato, last minute, l’incontro con i media per esigenze di agenda? Nessuna frase fatta, se non un rispettoso saluto con lo sguardo un po’ inebetito di chi è emozionato e non riesce a spiccicare parola. Ma mi sarei sentita fiera del momento che stavo vivendo, fiera del paese che mi ha dato i natali e di quello che mi ha accolta permettendomi di inventarmi professionalmente di continuo.

Cosa diciamo che fa in RAI dottoressa ?” chiese il funzionario del protocollo che sbirciava nel mio badge RAI/ONU quando ancora era tutto possibile?

Dica solo, per favore, che mi piace andare in bici. E adoperarmi affinché a New York alcune cose fondamentali, come il mangiare e il bere, ma anche il pregare, avvengano anche in italiano”.

Un po’ pochino per un’ipotetica presentazione al Presidente della Repubblica, ne convengo, ma secondo me lui avrebbe apprezzato e mi avrebbe fatto anche gli auguri.

Ma, poiché è saltato tutto e io rimango un’inguaribile naif fino all’ultimo che, in assenza di cose belle se le inventa, la mia chiacchierata con lui, un po’ fantaquirinale style, sarebbe stata più o meno così:

Allora Signor Presidente, che ne pensa di New York ora? La trova cambiata dal 2016? Ha sentito che strano odore ovunque? Eh sì, non è proprio ‘Eau de Finesse’, ma ci si sente tutti un po’ più gioviali quando arrivano le folate! Si è già recato ad Hudson Yards e Little Island? Le ciclabili le ha viste? Bellissime! E il parco sotto casa mia a Long Island City, quello che si vede proprio dal palazzo di vetro delle United Nations dove siamo stati stamane? Lo si riconosce perché c’è l’insegna della Pepsi Cola ed è l’ultima cosa che un turista vede di New York quando va verso il JFK e gli comincia già la nostalgia. Anche Lei la vedrà stasera. Lì ci vado sempre per allenami, ma anche per passeggiare, rilassarmi. Lì è poi dove ho convocato, via whatsapp e social, tutti gli italiani rimasti in città per festeggiare insieme il Ferragosto. Sa che eravamo tantissimi? E abbiamo fatto come in una grande famiglia dove ognuno ha portato qualcosa e pure il cocomero c’era, che sarebbe l’anguria, ma io sono romana e ‘cocomero’ fa più festa. Quel parco è incantevole con le sue amache e dormeuse a guadare lo skyline più bello della città, dove il sole sa incunearsi due volte l’anno durante il fenomeno chiamato Manhattanhenge. Pensi che tanto di questo si è sviluppato durante il COVID. Che bel lockdown che abbiamo vissuto a New York. Aspetti, non mi fraintenda: è stato drammatico, anzi più drammatico di altre città, ma al tempo stesso questa città e i suoi fantastici abitanti, ha fatto di tutto per coltivare un senso di appartenenza e solidarietà che mi ha convinto a rimanerci quando ero già sul punto di fare le valigie per ritrasferirmi in Italia. Di quel periodo ricordo anche i caldi sorrisi nel vederla in TV, anche Lei con il problema di non poter andare dal barbiere, ma continuava a infondere fiducia in tutti noi. Infine, Signor Presidente, le avrei detto semplicemente 'grazie', perché in Lei, oltre a vedere l’autorità istituzionale che mi rappresenta, io rivedo anche mio Padre che ha lavorato per Lei, anche se allora Lei nemmeno immaginava che sarebbe poi diventato inquilino di quello stesso palazzo, e per due mandati, quando a Lei anche uno sarebbe bastato e avanzato… E se lui ha amato la Repubblica e l’Italia, io che sono sua figlia, ho ereditato questo amore da lui e le amo anche io”.

Ma allora perché non ci vive Dottoressa? Perché se n’è andata?” avrebbe replicato.

Semplice Signor Presidente: da qui posso amarla e servirla meglio nel mio farne mille e tutte diverse, e quando qualcuno come Lei mi viene a trovare per ricordarmi che io, come tutti coloro che compongono la comunità italiana a New York, valgo la Sua visita di Stato, io mi commuovo e sono semplicemente grata.

Buon viaggio Signor Presidente e mi saluti il Palazzo del Quirinale. Sa che fino ai miei 12 anni, i suoi predecessori mi ricevevano ogni 6 gennaio per darmi il regalo della befana? Sa, io il Dolce Forno ce l’ho ancora…”.


要查看或添加评论,请登录

Alessandra Rotondi的更多文章