Automotive 2035: quale futuro per l'industria europea?

Automotive 2035: quale futuro per l'industria europea?

Intervento del lunedì 6 maggio 2024 per The European House - Ambrosetti

Signore e Signori, buon pomeriggio a tutti.

è per me un onore, oltre che un piacere, parlare oggi ad una platea così qualificata di manager e di imprenditori su un tema così particolare ed attuale, e che mi sta particolarmente a cuore (anche dato il mestiere che faccio…) e voglio ringraziare sinceramente The European House Ambrosetti per l’opportunità offertami.

Oggi quindi parleremo di automotive, ed in particolare di industria automotive, argomento che negli ultimi tempi, anche in vista dell’approssimarsi delle prossime elezioni europee, è notevolmente cresciuto nel pubblico dibattito specialmente attorno due temi che mi appaiono essere intimamente connessi.

Il primo è l’avvento della trazione elettrica e la data del 2035 come “switch-off” per la vendita di quella endotermica ed il secondo argomento, che appare appassionare l’opinione pubblica, non meno del primo è sulla presunta “invasione” dell’industria cinese.

Il mio contributo di oggi, sarà teso a cercare di apportare al dibattito alcuni elementi di oggettività e di riflessione.

Brevemente, una parola sulla mia persona. Da più di 30 anni mi occupo di automotive e, probabilmente non casualmente, me ne sono occupato collaborando con aziende francesi, tedesche ed italiane, lavorando e vivendo a Parigi, Torino o Monaco di Baviera, con anche qualche piccola incursione a Tokyo, sia durante i primi tempi della avventura di Carlos Ghosn in Nissan che più recentemente ed infine, diverse volte negli ultimi anni, in Cina.

In qualche modo, questa mia “peregrinazione professionale” mi ha permesso, nel tempo, di testimoniare, partecipandovi direttamente, dell’evoluzione dell’industria automotive.

Oggi sono Vicepresidente Esecutivo ed Amministratore Delegato del Gruppo Koelliker, gruppo che negli ultimi 88 anni ha portato nel nostro paese oltre due milioni di autovetture e marchi straordinari che oggi fanno parte del nostro vissuto quotidiano di automobilisti come MINI, Jaguar, Mitsubishi, Seat, Jeep/Chrysler, Hyundai, Kia, SsangYong e, più recentemente anche Saic Maxus e Microlino, solo per citarne alcuni.

In qualità di imprenditori della mobilità, avvertiamo di essere al centro di una trasformazione che sta investendo l’idea di mobilità sotto molteplici aspetti, e quello della trazione, credetemi ne è solo uno e forse, nemmeno, il più importante.

L’argomento di oggi è l’industria europea ed il 2035.

Per poterlo quindi inquadrare bene, dobbiamo necessariamente comprendere cosa sia, per l’Europa, l’industria automotive.

L’industria Europea dell’Automotive, per dirla con le parole dell’Associazione Europea dei Costruttori (ACEA) è un grande motore economico, uno dei maggiori creatori di lavoro e di introiti fiscali per gli stati europei, leader di innovazione ma soprattutto un grande forza di export.

Source : ACEA

Considerando la platea di oggi, non mi dilungherò a spiegare dell’importanza vitale dell’export per l’economia europea e, specialmente, per un paese come l’Italia.

Prima di inoltrarmi, però, nell’analisi vorrei spiegare, brevemente, perché il business automotive sia obbligato ad essere globale (e quindi perché l’export è determinante per l’industria automotive).

Cominciamo con una definizione: l’automobile è un bene durevole di largo consumo. Il che ci dà alcune utili intuizioni su come sviluppare un buon business case:

? La durevolezza, e quindi il suo valore intrinseco destinato a mantenersi nel tempo, che potremmo misurare in qualità, affidabilità, prestazioni, sicurezza ma anche valore del marchio (branding). Un bene che mantiene inalterato il proprio valore nel tempo è preferibile ad uno che invece si svaluta rapidamente. Terribilmente banale ma vero.

? Bene di largo consumo, che quindi si rivolge ad una larga platea di consumatori e quindi accessibile sia in termini economici che fisici.

Per realizzare un prodotto che abbia contemporaneamente queste caratteristiche, di “durevolezza” ma anche di “economicità” (per essere presente nelle case di ognuno e di sovente in più di un esemplare) occorrono investimenti miliardari il cui ritorno non può che misurarsi in anni ed in volumi rilevanti, con l’ovvia conseguenza che quasi sempre, i mercati locali non son sufficienti a garantire, per qualità e quantità, le dimensioni necessarie, da cui l’imperativa necessità di esportare.

Talvolta, anche il fatto di disporre di un mercato domestico molto grande, non è stato garanzia sufficienza di forza competitiva globale. Prendiamo l’esempio di quello che per molti anni è stato il più grande mercato mondiale, gli Stati Uniti:


Gli americani, infatti, dopo essersele suonate per bene ed essere rimasti in tre (più o meno) si accorsero che per vendere in Europa (il solo mercato mondiale dove, per molto tempo, valesse la pena di vendere) le loro grandi auto non andavano bene e furono obbligati a sviluppare fabbriche locali con auto diverse, più piccole, addirittura diesel (una blasfemia per il consumatore americano che vede il diesel come una roba da “camionari”) con il pessimo risultato di non essere mai riusciti a creare le necessarie economie di scala (un caso fra tutti : Opel).

Il primo grande, vero, attore globale del mondo automotive è stato Toyota. Il “modello Toyota” è tuttora (sì anche per i Cinesi) il modello “scuola” dominante ed è tuttora il vero e proprio manuale per chiunque voglia avventurarsi in questo fantastico mondo.

Ancora oggi, guardando ai volumi, il primo grande esportatore è il Giappone, seguito a ruota dalla Germania anche se la rincorsa della Cina è impressionante.

Source : Economis Intelligence Unit

Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, se valorizziamo questi volumi con i prezzi dei beni esportati, mentre Giappone e Germania si scambiano la posizione, la Cina scivola “solo” al sesto posto (L’Italia al 14mo)


La partita dell’automotive è quindi una partita globale ed il mercato cinese è divenuto il più importante mercato di consumo mondiale, superando nel 2023 i 30 milioni di veicoli venduti, da solo, pari alla somma del mercato americano, indiano, giapponese e tedesco.

D’altra parte, se guardiamo anche alla produzione, la fotografia è abbastanza simmetrica:


Il mercato cinese, inoltre, è certamente il mercato che presenterà il maggior potenziale di crescita nei prossimi anni.


Se guardiamo infatti al tasso di motorizzazione della Cina (238 veicoli per 1000 abitanti, contro i 755 dell’Italia), ci rendiamo conto dell’enorme spazio di sviluppo potenziale.

La Cina, assieme all’India, ed in generale all’intero sud-est asiatico, sta spostando il baricentro del business automotive verso est e sarebbe miope ignorarne il potenziale.

Ricorriamo ancora ad ACEA, per comprendere che, già oggi, la Cina rappresenta il terzo mercato di sbocco per l’industria europea. 412.990 veicoli sono stati esportati dall'UE alla Cina nel 2022, per un valore di 24,5 miliardi di euro 561.070 veicoli sono stati importati nell'UE dalla Cina nel 2022, per un valore di 9,7 miliardi di euro.

Nel 2022, gli europei si aggiudicavano una quota quasi del 25% del mercato cinese contro l’1,3 dei cinesi in Europa. Tuttavia, il trend mostra chiaramente l’arretramento degli europei in Cina e la crescita cinese in Europa.

La ragione dell’arretramento dell’industria europea in Cina negli ultimi 4 anni è integralmente attribuibile al “mismatch” tra l’offerta e la domanda.


Il mercato cinese ha abbracciato integralmente la tecnologia della trazione elettrica (NEV = New Energy Vehicles) mentre Europa e Giappone (ricordiamolo, primi due esportatori mondiali) sono ancora fortemente legati alla tecnologia endotermica:

Questo diverso “focus” tecnologico sta chiaramente producendo risultati evidenti:

Con BYD che nel 2023 ha superato, per la prima volta VW nel mercato cinese (voglio ricordare che VW è presente con produzioni in Cina, attraverso la JV con SAIC da 45 anni).

Oltre al “mismatch” tra domanda ed offerta, relativamente al più importante mercato di sbocco mondiale, andrebbe sottolineata una diversa capacità competitiva dei costruttori europei verso lo stesso mercato.


Mentre l’industria tedesca è chiaramente concentrata sul continente asiatico, che esprime un potenziale commerciale equivalente a quello europeo, non si può dire lo stesso per altri costruttori che risultano sostanzialmente assenti da questo quadrante.


In generale, è importante sottolineare come l’industria europea, anche se in modo differenziato, è comunque tuttora uno dei grandi attori dello scenario competitivo mondiale dell’automotive e senza lasciare spazio al vittimismo, anche uno dei meglio attrezzati in termini di potenziale futuro.

Ad esempio, l'Europa è il più grande investitore in R&D del mondo automotive.

A questo punto, stabilita l’importanza cruciale del mercato cinese per l’industria automotive europea, non posso fare a meno di sottolineare come l’attuale scenario competitivo non sia il semplice frutto delle forze competitive in campo, ma soprattutto sia la risultante di una politica industriale, concepita, progettata ed implementata nell’arco di oltre un ventennio dai vari Governi cinesi che pur passando da Deng-Xiao-Ping a Xi-Jin-Ping ha mantenuto elevata l’attenzione sullo sviluppo industriale del paese.

Permettetemi, quindi a questo punto di invitarvi ad un veloce viaggio nel tempo.

Come avete visto, nel 2023 la storica leadership di VW nel mercato cinese è stata battuta da BYD (che è recentemente entrata anche nel nostro mercato, tuttavia, con risultati davvero modesti, finora).

La sede principale di BYD è a Shenzen, dove nasce nel 1993 come azienda produttrice di batterie al Nichel-Cadmio (la produzione di auto inizierà solo nel 2003).

Shenzen , nel 1980 era un villaggio di pescatori con poco più di 300.000 abitanti, situato nella provincia del Guangdong, sulla terraferma difronte ad Hong Kong, afflitto da una emigrazione cronica di manodopera verso la ricca allora colonia britannica.

Prima dell’apertura dell’economia cinese verso gli investimenti stranieri, nel 1978, il reddito pro capite era di 56 USD per mese (ad Hong Kong era, in quell’anno, di 3.924 USD).

Per volontà di Deng XiaoPing, nel 1980 Shenzen diviene la prima “Zona di Sviluppo Speciale”. Oggi è una megalopoli di 18 milioni di abitanti (la terza in Cina dopo Pechino e Shanghai) e sede di aziende come Tencent, Huawei ed appunto BYD.

Negli anni ’80 nascono infatti le prime JV tra i produttori occidentali e le aziende (per lo più statali) cinesi. Tra i primi investitori ricordiamo ancora VW, ma anche AMC (con JEEP), GM, e progressivamente si aggiungeranno anche gli altri maggiori OEM’s.

Le Joint Ventures paritetiche sono lo strumento “politico-economico” con cui la Cina impone all’industria occidentale la condizione per l’ingresso nel proprio mercato. è una modalità necessaria per l’industria cinese, per poter apprendere rapidamente i know-how necessari ma anche per sostenere dei ritmi di sviluppo che già in quegli anni cominciano ad apparire tumultuosi.

Andando rapidamente avanti nel tempo, va ricordato il 2001 che è l’anno dell’ingresso della Cina nel WTO, segnando così un’altra tappa determinante dello sviluppo industriale cinese.

Arriviamo al 2009. Questo è un anno importante per l’industria automotive cinese. è infatti l’anno del sorpasso del mercato cinese su quello americano.

Una crescita che non era passata inosservata anche a Warren Buffet che l’anno prima aveva deciso di investire nel 10% di BYD.


Tenendo bene a mente, che, anche se Deng XiaoPing è il “grande liberalizzatore” dell’economia cinese, il sistema resta pur sempre un sistema pianificato. In quegli anni, appare sempre più chiaro al governo cinese che il mercato domestico sia destinato a divenire il maggior mercato mondiale (e di gran lunga, come abbiamo visto).

Alla consapevolezza di disporre di un grande mercato potenziale, si unisce anche la necessità di disporre di tecnologie che riducano l’impatto sull’ambiente. La Cina dell’ingresso nel WTO conosce, assieme allo sviluppo economico, una corrispondente drammatica crescita dell’inquinamento (nel grafico i livelli di emissioni di CO2 nell’atmosfera dal 1960 ad oggi) .

Quindi, l’opportunità di sviluppo di una tecnologia che permetta alla Cina di combinare sviluppo, ambiente e di competere ad armi pari con gli occidentali non solo per il proprio mercato domestico, ma in prospettiva anche a livello globale è davvero il classico caso di “necessità che diviene virtù”.


A partire dal 2001 e con un passaggio fondamentale nel 2009 , anno in cui viene varato il Piano di Ristrutturazione e Rivitalizzazione dell’Industria Automotive) vengono avviate ed implementate una serie di politiche industriali successive mirate allo sviluppo e all’adozione massiccia della tecnologie NEV.


Nel frattempo, in occidente, andrebbe ricordato nel 2015 lo scoppio del “Dieselgate”, che costerà a VW l’azzeramento del Board, il richiamo di 11 milioni di vetture e 31 miliardi di euro di costi, tra compensation ed altro, determinando come conseguenza più importante, la morte del diesel come tecnologia futura dominante.

Source : IMD Lausanne

Oggi, il panorama dell’industria automotive cinese è sicuramente il più dinamico del mondo. Con oltre 140 brand presenti sul mercato.

Appare evidente come il business automotive sia davvero una questione “geo-politica” mondiale e che quindi, non potendo sfuggire ad una competizione globale, vadano certamente stabilite delle nuove “regole del gioco” per poter garantire un funzionamento degli scambi commerciali che sia il meno distorto possibile da logiche diverse da quelle del mercato.

Proverei, a questo punto a trarre le prime conclusioni.

1. L’industria automotive è un’industria globale, che gioca la sua partita, oggi, su tutti i quadranti del mondo e non può più considerarsi limitata ai mercati della “Triade” (USA/EU/Giappone).

2. In questo scenario globale i costruttori che hanno saputo costruire, nel tempo, un presidio produttivo, tecnologico e commerciale, globale sono i meglio attrezzati per il futuro, mentre per i costruttori “regionali” resta solo aperta la strada delle alleanze / fusioni strategiche, con l’obiettivo di raggiungere comunque una dimensione competitiva di scala mondiale.

3. Il mercato cinese (e più in generale il mercato asiatico) è il più importante mercato di sbocco per l’industria automotive, con un potenziale futuro enorme ed essere assenti da questo mercato rappresenterebbe un grave errore strategico.

4. La Cina ha profondamente modificato le regole del gioco attraverso l’adozione massiccia di una tecnologia che, essendo stata a lungo avversata dagli occidentali (ed i giapponesi) le ha permesso di ristabilire un piano competitivo sostanzialmente paritetico tra Oriente ed Occidente.

5. Esistono certamente delle asimmetrie competitive determinate dall’ “interventismo” dello Stato cinese nell’economia ed in particolare nell’industria automotive (oggetto di una specifica indagine della Commissione Europea) che andranno corrette per rendere il piano dei rapporti commerciali fra Europa e Cina realmente “neutrale”.

6. Qualsiasi “correzione” verrà immaginata non dovrà risolversi in semplice “protezionismo” ma in vero stimolo al recupero del “gap” tecnologico accumulato negli ultimi anni (sul modello del l’Inflation Reduction Act di Biden)

7. Così come 50 anni fa fu richiesto agli occidentali che intendevano entrare nel mercato cinese di stabilire le proprie fabbriche attraverso JV (quest’ultimo punto non più richiesto, si veda il caso Tesla) e soprattutto imponendo chiari obblighi in termini di sourcing locale è immaginabile l’adozione di misure analoghe (come sta avvenendo negli USA).

8. L’automotive, nel futuro, sarà sempre più un prodotto tecnologicamente avanzato e sofisticato (per capirci, non farà la fine dei pannelli solari) e l’industria automotive europea ha stratificato oltre un secolo di know-how e di conoscenze e competenze tecnico-scientifiche che restano determinanti per la realizzazione di automobili sempre più sicure, autonome e connesse.

In conclusione, l’importante crescita del mercato cinese unita all’adozione della trazione elettrica rappresenta non solo per l’Europa, ma per l’intera industria la caduta di antiche “barriere all’entrata” ed un'unica, storica, opportunità di nuovo sviluppo industriale e tecnologico, come dimostrato dall’ingresso massiccio nel mondo automotive cinese delle aziende di telecomunicazione.

In particolare, per il nostro paese, che ha già perso da tempo la partita dell’automotive “tradizionale”, l’opportunità legata a questo “game change” è unica e sarebbe davvero imperdonabile lasciarsela sfuggire.

Grazie per l'attenzione ed adesso attendo, con piacere, le vostre domande.



Chiara Cecutti

Executive Business & Mental Coach per Aziende e Privati | Motivational Speaker | Team Coach | Team Building Expert | PNL Counsellor | Autrice libri per l'Empowerment

10 个月

Complimenti!!!

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Nicola Marsala

Head of Southern Europe Region

10 个月

Grazie Marco una delle poche voci equibrate e competenti su un tema da tifoserie di bassa lega

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